“Vittoria”: un viaggio tra desiderio, famiglia e identità nel cinema italiano contemporaneo

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Nel panorama cinematografico del 2024, “Vittoria” di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman si impone come un’opera di rara sensibilità, capace di affrontare con delicatezza e profondità tematiche legate alla maternità, all’adozione e al senso di appartenenza. Presentato alla 81ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, il film ha ottenuto ampi consensi per il suo realismo emozionale e per l’approccio cinematografico che fonde finzione e documentario, creando un’esperienza immersiva e autentica.

Un dramma familiare tra desiderio e responsabilità

La protagonista della storia è Jasmine, una parrucchiera di Torre Annunziata che gestisce con successo il proprio salone di bellezza, il “Californie”. Apparentemente soddisfatta della sua esistenza, Jasmine conduce una vita scandita dalla routine familiare insieme al marito e ai tre figli. Tuttavia, la morte improvvisa del padre innesca in lei un bisogno profondo: quello di adottare una bambina, un desiderio che si manifesta in sogni ricorrenti e che diventa sempre più difficile da ignorare.

L’adozione non è solo il frutto di un impulso emotivo, ma rappresenta un tentativo di ricostruzione della propria identità. Jasmine si trova di fronte a un bivio esistenziale che la spinge a rimettere in discussione il proprio ruolo di madre, di moglie e di donna. La sua volontà di adottare una bambina si scontra con le aspettative del marito, che vorrebbe investire in un progetto imprenditoriale a Capri, e con le difficoltà psicologiche del figlio maggiore Vincenzo, il cui disagio si manifesta attraverso crisi di panico sempre più frequenti.

Il percorso verso l’adozione si trasforma in un viaggio emotivo complesso, fatto di ostacoli burocratici e tensioni familiari, ma anche di momenti di introspezione e riscoperta di sé. La svolta narrativa si compie quando Jasmine e il marito viaggiano in Bielorussia, dove incontrano Vittoria, una bambina con difficoltà nel linguaggio dovute a un ritardo cognitivo. L’incontro è carico di emozione e incertezza, ma segna anche il momento in cui il desiderio iniziale di Jasmine si concretizza in una scelta definitiva, che cambierà per sempre la loro vita.

Realismo cinematografico e attori non professionisti

Uno degli aspetti più innovativi di Vittoria è l’uso di attori non professionisti, una scelta che rimanda alla grande tradizione del neorealismo italiano. Marilena Amato, che interpreta Jasmine, non è un’attrice di formazione accademica, eppure la sua interpretazione è di una verità disarmante. La sua capacità di trasmettere emozioni senza filtri conferisce al film un realismo palpabile, rendendo ogni dialogo e ogni gesto profondamente credibili.

Cassigoli e Kauffman adottano uno stile registico che si avvicina al cinema-verità, eliminando ogni artificio e lasciando che siano le espressioni dei personaggi e la forza delle situazioni a guidare la narrazione. Le riprese si concentrano su dettagli quotidiani, dai piccoli gesti nel salone di bellezza ai momenti di intimità familiare, costruendo un racconto che ha il respiro della vita vissuta.

Questa scelta stilistica richiama l’approccio di Abbas Kiarostami, che nelle sue opere ha spesso utilizzato attori non professionisti per ottenere un effetto di verità assoluta. In Vittoria, la camera si muove con discrezione tra i personaggi, come un occhio invisibile che osserva senza giudicare, permettendo allo spettatore di immergersi completamente nel vissuto della protagonista.

Il tema dell’adozione come specchio della società contemporanea

Il film affronta il tema dell’adozione internazionale con una profondità che va oltre la semplice rappresentazione di un percorso burocratico. L’adozione, in Vittoria, diventa una metafora dell’accoglienza e della ridefinizione delle dinamiche familiari, mettendo in discussione il concetto stesso di maternità.

Jasmine non è una madre “tradizionale”: il suo desiderio di adottare non nasce da una mancanza biologica, ma da una necessità interiore di completare il proprio percorso esistenziale. Questo introduce una riflessione sul modo in cui la maternità viene concepita nella società contemporanea, spesso ancora legata a stereotipi che identificano il valore di una donna con la sua capacità di procreare.

L’incontro con Vittoria rappresenta il culmine di questa ricerca: non si tratta solo di dare amore a una bambina in difficoltà, ma di accettare l’alterità, di abbracciare un legame che va oltre il sangue e che si fonda su una scelta consapevole e irripetibile.

Riconoscimenti e impatto culturale

Presentato a Venezia, Vittoria ha ricevuto il Premio Arca CinemaGiovani come Miglior Film Italiano e il Premio FEDIC, riscuotendo un grande successo di critica e pubblico. La sua partecipazione a festival internazionali, come il São Paulo International Film Festival e il Thessaloniki International Film Festival, ha confermato la rilevanza del film nel panorama del cinema d’autore contemporaneo.

La critica ha sottolineato la capacità dei registi di raccontare una storia profondamente italiana con un linguaggio universale. Il film non offre risposte facili, né soluzioni preconfezionate: lascia che siano le immagini e le emozioni a parlare, permettendo a ogni spettatore di trovare la propria chiave di lettura.

Un’opera di rara sensibilità

Vittoria è molto più di un film sull’adozione: è un’indagine sull’identità, sul senso di appartenenza e sulla maternità nell’epoca contemporanea. La straordinaria interpretazione di Marilena Amato, la regia minimalista e la capacità di raccontare emozioni autentiche ne fanno una delle opere più toccanti del cinema italiano del 2024.

Attraverso una narrazione intima e potente, Vittoria ci invita a riflettere su cosa significhi davvero accogliere qualcuno nella propria vita, su come i desideri individuali possano intrecciarsi con quelli collettivi e su come, alla fine, ogni famiglia sia il risultato di una scelta, più che di un destino.

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